
Giorgio Morandi ( Bologna 1890, Bologna 1964)
Giorgio Morandi nasce a Bologna nel 1890. Fin da ragazzo dimostra grande passione per l'arte figurativa, convincendo i parenti a permettergli di iscriversi all'Accademia di belle arti di Bologna. In un primo tempo espose con i futuristi, diventando nel 1918 uno dei massimi interpreti della scuola metafisica con Carrà e de Chirico; periodo terminato nel 1919. Nel 1920 si accostò al gruppo "Valori plastici", recuperando nelle sue opere la fisicità delle cose. In seguito intraprese una via personalissima, ma sempre calata nella realtà del mondo e delle cose. La sua prima esposizione personale avvenne nel 1914; in essa si può riscontrare la forte influenza di Cézanne, pittore fondamentale per la sua formazione artistica.
L’opera presentata si pone tra gli ultimi disegni realizzati dall’artista alla fine di un preciso percorso creativo, compendio dei principi estetici fondamentali della poetica morandiana. L’apparente semplicità del soggetto nasconde una complessità di significati frutto del serrato dialogo intrattenuto da Morandi con la realtà circostante.
“Nelle sue ultime tele Morandi raggiunge il massimo della semplicità e della tensione. L’arsenale degli oggetti si è ancora ridotto: qualche bottiglia, qualche scatola o vaso, schierati in un isolamento precario, e che spesso producono meravigliose corrispondenze di colori e di tonalità, fra un quadro e l’altro” (Georges Floersheim, 1959).
Le bottiglie non sono altro che forme, oggetti comuni raccolti magari dal rigattiere che, nel loro silenzioso isolamento, si offrono quali preziosi interlocutori. La luce è assente, solo i contorni lasciano intuire la tridimensionalità dello spazio e sottolineano la densità della materia. In quest’ultima fase Morandi abbandona il rosso-aragosta, il blu lapislazzuli e il bianco abbagliante utilizzati in molte opere della maturità optando per una maggiore pacatezza della gamma cromatica che, nei disegni su carta, arriva ad eliminare completamente.
Nella Natura morta viene raggiunto il massimo della semplicità: i contorni si sfaldano e le bottiglie si stringono le une alle altre, come cercando reciproca consolazione, creando un’unica figura geometrica in uno spazio immobile. Morandi, dice de Chirico “partecipa del grande lirismo creato dall’ultima profonda arte europea: la metafisica degli oggetti più comuni” e continua evidenziando come l’artista cerchi di “ritrovare e di creare tutto da solo: si macina pazientemente i colori e si prepara le tele e guarda intorno a sé gli oggetti che lo circondano, dalla sacra pagnotta, scura e screziata di crepacci come una roccia secolare, alla nitida forma dei bicchieri e delle bottiglie. […] Egli guarda con l’occhio dell’uomo che crede e l’intimo scheletro di queste cose morte per noi, perché immobili, gli appare nel suo aspetto più consolante: nell’aspetto suo eterno” (La fiorentina primaverile, 1922).
Ogni natura morta, pur nella reiterazione del motivo, parte di un lessico costante e ricco di significati, assume una specifica qualità tonale e materica frutto del rigore intellettuale dell’artista. Negli ultimi anni di vita, Morandi cerca di ricostruire quella realtà che gli sfugge aumentando il rigore geometrico delle nature morte che si offrono come specchi fedeli del suo mondo interiore.
Provenance
Collezione privata Bolognese